20 gennaio 2006

La crisi del maiale



Sottopongo all'attenzione di tutti coloro che sostengono la teoria della crisi economica questi due articoli.
"Forse la crisi è la più grande invenzione per giustificare il fatto che non riusciamo più a consumare tutte le belinate
che produciamo." Mirko Camerin


Il rapporto del Wwf: per sostenere gli attuali ritmi di sviluppo bisognerebbe colonizzare due pianeti
«Troppo sfruttata, la Terra morirà nel 2050»

ROMA - Conto alla rovescia per la sopravvivenza della Terra. Stando all’ultimo, apocalittico rapporto del Wwf, ci resta poco meno di mezzo secolo di vita. Nel 2050, saccheggiato dalla voracità dell’uomo, privato delle sue risorse naturali, il nostro pianeta finirà di esistere come unica oasi del Sistema solare capace di alimentare la vita e si ridurrà a uno sterile ammasso di rocce. A quel punto la popolazione umana, che avrà superato il limite dei 9 miliardi di abitanti, dovrà cercarsi non uno, ma due pianeti gemelli della Terra. Buona fortuna. Un po’ disperato e un po’ provocatorio, il rapporto del Wwf intitolato The Living Planet sarà presentato domani a Ginevra, ma buona parte dei suoi contenuti sono stati anticipati ieri dal settimanale londinese The Observer . A parte le conclusioni, volutamente paradossali, la base del rapporto consiste in un’attendibile e minuziosa indagine scientifica sul deterioramento di ecosistemi, risorse e specie viventi rilevato negli ultimi 30 anni. Tre decadi in cui i ritmi di consumo delle società più industrializzate sono cresciuti in modo da diventare insostenibili per le riserve della Terra. Gli esperti del Wwf calcolano che, solo nel periodo considerato, è stato distrutto circa un terzo degli ecosistemi naturali, fra ambienti marini di acque dolci e forestali. «Ma l’aspetto più importante del rapporto, che esce con cadenza biennale, è l’avere ricavato due indici importantissimi, in grado di esprimere in termini scientifici rigorosi e in maniera sintetica lo stato di salute complessiva del pianeta - spiega Gianfranco Bologna, portavoce del Wwf Italia -. Il primo indicatore è l’impronta ecologica, che rappresenta la pressione della specie umana sulle risorse mondiali e che si esprime in ettari pro-capite. L’altro è l’indice di biodiversità che dà una misura del declino delle specie viventi». Ebbene, come calcolano gli esperti del Wwf, oggi per non far morire il pianeta dovremmo avere un’impronta ecologica di circa 2, mentre si va da 10 degli Usa, a 5 dell’Europa occidentale a 2 dell’Asia Centrale, fino a 1 dell’Africa.
L’indice complessivo di biodiversità, è passato da 100 a 65. «Tutto questo serve a dire ai governi del pianeta che le parole non bastano più: ci voglio azioni e impegni concreti, con precise scadenze per diminuire la pressione delle società umane sul pianeta e riequilibrare la distribuzione della ricchezza».
Franco Foresta Martin ( www.corriere.it)


La profezia del Wwf «Tra 50 anni dovremo fuggire su altri pianeti»
Il rapporto sulla Terra: se i consumi continueranno a questi ritmi le risorse si esauriranno presto. Principale accusata l´America di Bush

NEW YORK - Colonizzare per non sparire. In passato era già successo agli uomini, però stavolta non si tratta di armare una nave e raggiungere qualche continente ricco di risorse, ma piuttosto una navicella spaziale per inseguire qualche pianeta ospitale. Forse il World Wildlife Fund ha voluto drammatizzare un po' le cose, prevedendo la necessità di colonizzare almeno due corpi celesti entro i prossimi 50 anni. Ma il rapporto del WWF che uscirà domani non ha dubbi almeno su un fatto: gli uomini stanno rovinando la Terra, e se continuano così presto avranno bisogno di sostituirla. Lo studio si intitola «The Living Planet», e non a caso esce il mese prima del vertice sull'ambiente «Earth Summit», in programma a Johannesburg. Il testo è stato elaborato con la collaborazione del World Conservation Monitoring Centre di Cambridge, e prende l'anno 1970 come metro di riferimento per misurare la distruzione avvenuta negli ultimi tempi. Bastano davvero pochi numeri per capire la gravità dell'emergenza. Per esempio, dal 1970 ad oggi le foreste che coprono la Terra si sono ridotte del 12%, la biodiversità marina di un terzo, e gli ecosistemi basati sull'acqua pulita del 55%. A qualcuno queste cifre possono sembrare astratte, e quindi scendiamo nei particolari che ci toccano piu' da vicino. Lo sfruttamento sistematico degli oceani per la pesca ha fatto scendere la quantità di merluzzo dell'Atlantico settentrionale da 264.000 tonnellate a 60.000. I rinoceronti erano 65.000 nel 1970 e sono diventati 3.100 oggi, mentre gli elefanti africani sono calati da 1 milione e 200 mila nel 1980 a circa mezzo milione. La popolazione delle tigri è precipitata addirittura del 95% durante il secolo scorso, ma il pericolo dell'estinzione minaccia anche animali molto comuni come il passero, la cui presenza in Gran Bretagna è' diminuita del 92% negli ultimi trent'anni. Nello stesso periodo i consumi umani sono raddoppiati, e continuano a crescere al ritmo dell'1,5% all'anno. Martin Jenkins, coautore del rapporto, ha commentato così la situazione: «Le cose stiano peggiorando ad una velocità mai vista prima. Una singola specie non aveva mai avuto tanto impatto sugli equilibri del pianeta, e quindi stiamo entrando in un territorio sconosciuto». Il WWF non si concentra sull'aumento della popolazione umana, ma piuttosto sulla crescita sproporzionata dei consumi e dell'inquinamento, puntando il dito verso i paesi ricchi. Gli abitanti degli Usa, tanto per fare un esempio ovvio, consumano circa il doppio di quelli della Gran Bretagna, e ben 24 volte i beni adoperati nelle zone più povere dell'Africa. Il rapporto cerca di dare una dimensione tangibile ai consumi, concolando la quantità di suolo necessario a sostenere ciascuna persona. Il risultato è che per sopravvivere ai ritmi attuali, un americano ha bisogno di 12,2 ettari di terreno, un inglese di 6,29, un europeo occidentale di 6,28, un etiope di 2 e un abitante del Burundi di mezzo ettaro. La conclusione drammatica è che se questi sprechi non verrano contenuti, nel giro di 50 anni la Terra non avrà più le risorse per sopportarci. Quindi dovremo fuggire, puntando verso almeno due pianeti per sostenere le nostre abitudini di vita. Naturalmente c'è una ragione politica per lanciare l'allarme proprio in questo momento. Il mese prossimo il Sudafrica ospiterà l'Earth Summit, e la conferenza preparatoria che si è svolta a Bali il mese scorso si è conclusa senza un accordo su come affrontare l'emergenza. L'imputato principale, almeno secondo le organizzazioni non governative e i gruppi ecologisti, è il presidente americano Bush, non solo perché ha bocciato il protocollo di Kyoto sull'inquinamento atmosferico, ma perché in generale ha un approccio ai problemi ambientali che mette lo sfruttamento industriale davanti alla protezione. Secondo Matthew Spencer di Greenpeace, «se a Johannesburg non ci saranno concessioni da parte dei paesi più ricchi, vedremo i fuochi d'artificio». Finora l'amministrazione Bush ha risposto che i dati dell'emergenza, soprattutto nel settore del riscaldamento globale, sono incerti e vanno approfonditi. La Nasa, nel frattempo, ha lanciato una missione per conoscere meglio le comete, e sogna da sempre la spedizione umana su Marte, dove nei mesi scorsi ha trovate le tracce dell'acqua: magari il futuro appartiene proprio al paradosso del WWF.
Paolo Mastrolilli (www.lastampa.it)